Infatti, secondo le previsioni formulate da Gartner nel report “Predicts 2023: AI, Social Toxicity and Disappearing Customers Forge the Future of Marketing” già entro quest’anno ben l’85% dei consumatori che hanno un reddito familiare superiore a 120.000 dollari annui e che devono accedere a vari servizi online, pagheranno per dispositivi elettronici, software e piani di abbonamento che consentono loro di evitare completamente la pubblicità personalizzata, beneficiando così di una maggiore privacy.
Per recuperare la fiducia degli utenti che si sentono costantemente spiati online, il rapporto indica che sempre entro il 2023, sia le aziende B2B che quelle che si rivolgono direttamente ai consumatori investiranno in programmi per premiare la fedeltà dei propri clienti, offrendo piani di abbonamenti privilegiati per rispondere alle aspettative di chi è disposto a pagare per sbarazzarsi dei fastidiosi annunci pubblicitari ed evitare la condivisione indiscriminata dei propri dati personali con terze parti.
Naturalmente, le aziende che decideranno di seguire questa nuova tendenza, dovranno prestare molta attenzione alle posizioni che assumeranno le autorità per la protezione dei dati riguardo ad alcune prassi che stanno prendendo campo, come quella di vari editori che stanno richiedendo all’utente un abbonamento a pagamento per non profilarlo, e in ogni caso dovranno rispettare le norme europee come il GDPR che si basano sulla privacy come diritto fondamentale dell’individuo, secondo cui i dati personali non dovrebbero essere mai usati come un mero ‘baratto’ per costringere l’interessato a rinunciare ad una porzione di questo diritto, che secondo la Carta dei Diritti della UE è “inalienabile”, e come tale non può avere un prezzo e non è vendibile.
Se al momento dello studio il 64% dei 1.068 brand analizzati da Gartner non aveva ancora un proprio programma di fidelizzazione, un terzo di questi ha però manifestato l’intenzione di istituirne uno entro il 2027 limitandosi alla raccolta di dati personali di prima parte per garantire agli utenti una migliore tutela della privacy, anche se il rovescio della medaglia di questa nuova tendenza comporterà inevitabilmente una drastica riduzione della condivisione di dati con terze parti come i social network ed altri colossi tecnologici, che dopo due decenni di supremazia assoluta rischiano adesso di vedere compromessa la loro leadership nel settore del digital advertising.
E a quanto pare i giganti del web potrebbero non essere i soli a rischiare ripercussioni negative nel mercato digitale, come spiega Kate Muhl, VP Analyst di Gartner:
“Gli esperti di marketing che si aggrappano ai tradizionali formati pubblicitari digitali raggiungeranno sempre più un pubblico composto in gran parte da poveri digitali. Il gioco del gatto e del topo è diventato molto costoso. I brand pagano un sacco di soldi per raggiungere i consumatori ad alto reddito tramite la pubblicità digitale, ma tali inserzioni diventano sempre meno significative man mano che questo tipo di pubblico scopre nuovi modi per evitarle.”
Se le previsioni di Gartner si riveleranno corrette, le aziende che persisteranno nel fare affidamento sulla pubblicità online basata sulla profilazione online degli utenti e la condivisione sistematica dei loro dati con terze parti potranno pertanto riscontrare ritorni economici sempre più magri, perché nonostante questo modello di business continuerà probabilmente a riguardare la maggioranza degli utenti, si tratterà comunque di coloro che, pur di non pagare niente, si rassegneranno ad essere perennemente tracciati online, oppure si arrangeranno rifiutando quanto più possibile cookie e policy che comportano intromissioni nella sfera privata, come pure in certi casi potranno decidere di pretendere il rispetto della normativa in materia di protezione dei dati personali, generando così più potenziali grattacapi che vantaggi alle aziende chiamate a gestire le richieste di esercizio dei diritti previsti dal GDPR.
Ma questo tipo di utenti da cui c’è da ricavare poco o niente non rientrano nel target ideale dei grandi brand, che preferiscono piuttosto concentrare i loro budget di marketing su una nicchia di potenziali clienti propensi a spendere, i quali però adesso reclamano un maggiore rispetto della loro privacy.