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di Alessio Ciminelli

L’intelligenza artificiale sta cambiando radicalmente il nostro modo di vivere, pensare e lavorare. La sua sempre più ampia diffusione, unita alla curiosità che suscita in chiunque si approcci all’argomento, riporta alla mente i cambiamenti introdotti, secoli fa, con la prima grande rivoluzione industriale. Lo stupore, però, si accompagna oggi anche ad un diffuso e generalizzato timore generato da tale tecnologia. Ciò ci permette di riflettere su quanto il genere umano sia diventato più riflessivo, o comunque più disposto ad interrogarsi su quanto il progresso tecnologico possa spingere l’umanità verso il futuro, generalmente inteso troppo “oltre”. Secondo alcune scuole di pensiero, infatti, il processo di sostituzione delle competenze e dei ruoli, tra macchine e uomo, sarebbe già non solo in atto, ma persino in fase avanzata. Una proiezione totalmente utopica, forse scatenata dalla visione di quanto già prospettato nel celebre film “Matrix” del 1999: dove le macchine, prendendo il sopravvento sull’uomo, costringevano quest’ultimo a vivere all’interno di una realtà virtuale. La situazione reale non è ovviamente così critica e fantasiosa - non essendo attualmente prospettabile alcun rischio di oppressione, sostituzione e minaccia per la specie umana - tuttavia è necessario porre alcuni limiti, tra cui quelli normativi, per regolarizzar l’utilizzo dell’intelligenza artificiale, specialmente se combinata con dispositivi meccanici umanoidi. La prima a muoversi in tal senso, è stata l’Unione Europea - sul tema si può consultare il nostro articolo raggiungibile qui - mediante l’approvazione del c.d. IA Act. Tale Regolamento si pone come scopo quello di bilanciare l’imprescindibilità dell’utilizzo dell’intelligenza artificiale con il rispetto dei diritti fondamentali, lasciando comunque ampia autonomia agli Stati rispetto alle modalità attuative per raggiungere tale bilanciamento. In questo contesto è stata l’Italia il primo Paese dell’Unione a legiferare in merito, approvando proprio in questi giorni il Ddl “Intelligenza Artificiale“. La normativa è particolarmente articolata e affronta diversi aspetti: dall’indicazione degli Enti a cui affidarne la gestione all’introduzione di nuove fattispecie di reato, dalla tutela dei dati personali alle possibilità di utilizzo in ambito lavorativo. Essendo la disciplina così complessa e innovativa, il nostro legislatore ha optato per affidarne la concreta attuazione, nonché il controllo riguardo all’utilizzo, a due Enti tutt’altro che marginali: L’Agenzia per la cybersicurezza nazionale (Acn) e l’Agenzia per l’Italia digitale (Agid). La prima, parte integrante delle tre agenzie di Intelligence operanti all’interno del nostro Paese, avrà il compito di vigilare sull’applicazione dell’intelligenza artificiale, con potere delegato di effettuare ispezioni ed erogare sanzioni. La seconda, agenzia governativa creata per garantire lo sviluppo economico mediante l’utilizzo delle nuove tecnologie, avrà invece il compito di promuovere l’innovazione e lo sviluppo dell’intelligenza artificiale nel nostro Paese. Il testo del decreto inoltre detta un’ampia disciplina giuridica della materia: vengono infatti introdotte nuove tipologie di reato e nuovi strumenti cautelari. Particolare focus sull’introduzione, all’interno dell’art. 612 – quater del Codice penale, di una nuova fattispecie di reato: la diffusione di contenuti ingannevoli generati con intelligenza artificiale (c.d. Deepfake), punita con la reclusione fino a 5 anni. Una misura chiaramente essenziale, il cui scopo principale è quello di tutelare il benessere del mercato e l’integrità dei dati dei cittadini. Con l’obbiettivo di tutelare i dati personali di quest’ultimi, infatti, sono state inoltre previste anche una serie di misure protettive: la principale, nonché quella da cui discendono tutte le altre, è l’introduzione di un sistema di certificazioni, che sia in grado di far comprendere ai consumatori che un determinato prodotto, o servizio, sia stato elaborato o faccia ricorso all’intelligenza artificiale. Tale sistema prevede, infine, che tutti i contenuti generati mediante la tecnologia in parola debbano essere contrassegnati, al fine di essere facilmente e chiaramente individuati. Sarà quindi compito del nostro Garante della Privacy - il quale adotterà come parametro di riferimento la ben conosciuta disciplina del Reg. 679/2016 (GDRP) – quello di vigilare sul rispetto della normativa in materia di dati personali, con specifico riferimento a tutti quei soggetti che facciano ricorso a sistemi automatizzati di intelligenza artificiale. Ultimo aspetto affrontato dalla nuova disciplina di legge che andrà ora al vaglio del Parlamento è quello inerente all’ambito lavorativo e(o) dei servizi, strutturato su diversi punti: 1) la disciplina dell’utilizzo in ambito sanitario - come strumento per la diagnostica e la chirurgia – 2) la creazione di piattaforme online, basate esclusivamente sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale, per la gestione dei servizi territoriali di assistenza e 3) la redazione di reportistica periodica, effettuata direttamente dal Ministero del Lavoro, per monitorare l’impatto di questa nuova tecnologia all’interno del mercato lavorativo. L’iter costituzionale prevede ora che questa debba essere presentata al Parlamento – e quindi ad ambedue le Camere – per essere discussa, votata ed eventualmente approvata. Il tutto, comunque, dovrebbe avvenire in tempi brevi, considerata soprattutto la natura travolgente del fenomeno, il quale ci impone un utilizzo sempre più etico degli strumenti tecnologici a nostra disposizione.

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