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GDPR Legge Privacy

Sono appena stati pubblicati i risultati della quarta edizione della CISCO customer privacy survey che raccontano di un mercato che, prima o poi, premierà chi rispetterà di piu’ la privacy di utenti e consumatori punendo, per converso, chi se ne curerà di meno.

 

I dati della ricerca CISCO parlano chiaro: Il 76% dei consumatori non comprerebbe prodotti o servizi da un’azienda che ispira fiducia circa il rispetto della loro privacy e l’81% afferma che il modo in cui un’azienda è trasparente in relazione al trattamento dei dati personali è sintomatico del rispetto che ha per i consumatori.

Quali riflessioni si possono trarre da questa ricerca? Sicuramente che  utenti e consumatori esigono dai loro interlocutori commerciali più rispetto per la loro privacy di quanto fin ora non si faccia. Si tratta, forse, dell’unica reale speranza di affermazione di un diritto tanto centrale nella nostra società quanto dimenticato, bistrattato e offeso: se i consumatori iniziano a chiedere più rispetto per la loro privacy, ai fornitori di prodotti e servizi non resterà altra alternativa che accontentarli e, a quel punto, il piano potrebbe inclinarsi e le regole, sin qui troppo spesso tradite, ignorate e violate cominceranno a essere rispettate non tanto per paura delle sanzioni ma, invece, per paura di perdere utenti e clienti.

In fondo si tratta di un processo analogo, con i distinguo del caso, a quello registratosi in relazione all’ecologia, al green, alla sostenibilità ambientale. Fino a quando si è trattato semplicemente di rispettare le leggi e sottrarsi al rischio di sanzioni le aziende hanno cambiato poco o nulla nei loro cicli produttivi e nel loro business ma quando il rischio ha cominciato a diventare reputazionale e commerciale perché il rispetto dell’ambiente è diventato uno dei driver capaci di orientare le scelte di consumo, la musica, sebbene timidamente, ha iniziato a cambiare.

Naturalmente, siamo solo all’inizio. Ancora Il 43% dei consumatori dichiara di non essere capace di proteggere effettivamente la propria privacy per ragioni diverse tra le quali, senza alcuna sorpresa, spicca l’assoluta mancanza di consapevolezza circa i trattamenti dei propri dati personali svolti da una pletora di soggetti diversi. È così per il 79%. Ma è ancora più difficile da accettare che la metà degli utenti e consumatori che si dichiarano incapaci di proteggere i propri dati personali, imputano tale circostanza al fatto di essere “sotto ricatto”: se vogliamo usare un servizio siamo costretti a cedere i nostri dati personali, rivelano.

Eppure la voglia di capire e proteggersi non manca. Il 26% degli utenti e consumatori italiani esercitano il diritto di accesso loro riconosciuto dalla disciplina europea della materia per sapere chi tratta i loro dati, come e perché. Un dato che pone il nostro Paese sopra la media globale che è del 24%. In testa i Paesi nei quali, evidentemente, cittadini e consumatori sentono la loro privacy più minacciata: India (59%), Brasile (34%), Cina e Messico (30%).

E per la più parte dei consumatori è assolutamente chiaro che per sperare di veder tutelata più efficacemente la loro privacy bisogna leggere per davvero le informative sulla privacy (58%) e non rinunciare a gestire i cookie online attraverso i quali inizia la più parte delle attività di tracciamento (53%). Il 51% di utenti e consumatori si aspetterebbe che a difendere la loro privacy siano le Istituzioni nazionali e locali. Il 21% che lo facessero le singole società mentre il 19% ritiene che la difesa debba essere dei singoli e il 9% delle associazioni.
È uno spaccato interessante sul quale bisogna lavorare per fare in modo che, davvero, nell’universo dei dati si attivi una dinamica analoga a quella attivatasi nell’universo dell’ambiente, dell’ecologia e della sostenibilità ambientale, un universo nel quale la battaglia è lontana dal poter essere considerata vinta ma la strada che si sta percorrendo è quella giusta.

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Fonte: federprivacy newsletter del 18 ottobre 2022

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